20. Estratto della sentenza della Corte di cassazione penale nella causa Ministero pubblico del Cantone Ticino contro A. e B. (ricorso per cassazione) | |
6S.452/2001 del 29 aprile 2002 | |
Regeste | |
Art. 1 und 196 StGB; Internationales Abkommen über die Unterdrückung des Handels mit volljährigen Frauen, nullum crimen sine lege, Menschenhandel, Begriff der wirksamen Einwilligung.
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Bei Fehlen einer entsprechenden Bestimmung im Landesrecht schliesst der Grundsatz nullum crimen sine lege die Strafbarkeit eines Verhaltens allein auf der Grundlage eines Staatsvertrages jedenfalls dann aus, wenn dieser nicht direkt anwendbar ist (E. 3b am Ende).
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Der Tatbestand des Menschenhandels ist in der Regel erfüllt, wenn junge Frauen, die aus dem Ausland kommen, unter Ausnützung ihrer schwierigen Lage zur Ausübung der Prostitution in der Schweiz engagiert werden. Deren Einwilligung in diese Tätigkeit ist nicht wirksam, wenn sie, wie im beurteilten Fall, durch die schwierigen wirtschaftlichen Verhältnisse bedingt ist (E. 4b und c; Präzisierung der Rechtsprechung).
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Art. 196 StGB ist auch anwendbar auf die Tätigkeit eines Geschäftsführers, der im Ausland Prostituierte für sein Bordell in der Schweiz anwirbt und verpflichtet (E. 6d; Änderung der Rechtsprechung).
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Art. 196 und 305bis StGB.
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Zwischen den Tatbeständen des Menschenhandels und der Geldwäscherei besteht echte Konkurrenz. Die Finanzierung des Menschenhandels mit Vermögenswerten, die aus dem Menschenhandel selbst oder aus andern Verbrechen herrühren, ist daher nicht bloss eine durch Art. 196 StGB mitbestrafte Vortat, wenn die Ermittlung der Herkunft der Vermögenswerte aus Verbrechen vereitelt werden soll (E. 7f).
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Art. 23 Abs. 1 al. 5 und Abs. 4 ANAG.
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Wer junge Prostituierte beschäftigt, die mit einem unrechtmässig erlangten Touristenvisum in die Schweiz eingereist sind und hier verweilen, um eine Erwerbstätigkeit auszuüben, ist allein wegen Widerhandlung gemäss Art. 23 Abs. 4 ANAG strafbar (E. 9).
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Sachverhalt | |
- di tratta di essere umani per aver compiuto la tratta di 20 donne, tra novembre 1998 e maggio 2000, nell'Osteria Y. a X., da lei gestita congiuntamente a A. e, tra settembre 1998 e maggio 2000, di altre 38 donne in vari locali ticinesi;
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- di riciclaggio di denaro per avere inviato all'estero almeno fr. 10'000.- di origine criminosa; e
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- d'infrazione e contravvenzione alla legge federale concernente la dimora e il domicilio degli stranieri, per avere favorito l'entrata e il soggiorno illegale di 6 donne nell'Osteria Y., per avere impiegato circa 60 donne straniere non autorizzate a lavorare in Svizzera, per avere illegalmente soggiornato lei stessa in Svizzera dal 26 ottobre al 5 novembre 1998 e per avere esercitato un'attività lavorativa senza permesso tra il 26 luglio e il 26 ottobre 1998.
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Egli riconosceva altresì A. colpevole in particolare:
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- di tratta di esseri umani per aver compiuto la tratta di 20 donne, tra novembre 1998 e maggio 2000, nell'Osteria Y. a X., da lui gestita congiuntamente a B., e, tra agosto e settembre 1999, di altre 5 o 6 donne nello stesso esercizio pubblico;
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- di riciclaggio di denaro per avere inviato all'estero almeno fr. 10'000.- di origine criminosa; e
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- d'infrazione e contravvenzione alla legge federale concernente la dimora e il domicilio degli stranieri per avere favorito l'entrata e il soggiorno illegale di almeno 6 donne nell'Osteria Y., per avere impiegato senza autorizzazione il cittadino lettone D., oltre a circa 60 donne lettoni e un imprecisato numero di donne dell'America latina, stranieri non autorizzati a lavorare in Svizzera.
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A ragione di questi fatti, il Presidente della Corte delle assise condannava, computato il carcere preventivo sofferto, B. a 18 mesi di detenzione, al pagamento di una multa di fr. 7'000.- e all'espulsione dal territorio svizzero per 3 anni, e A. a 14 mesi di detenzione nonché al pagamento di una multa di fr. 5'000.-. L'esecuzione delle pene detentive nonché l'espulsione pronunciata nei confronti di B. venivano sospese con un periodo di prova di 2 anni.
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B.- Il 29 maggio 2001, la Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (in seguito: CCRP) accoglieva i ricorsi di B. e di A., respingeva il ricorso del Ministero pubblico e riformava parzialmente la sentenza del Presidente della Corte delle assise. Essa proscioglieva B. dall'imputazione di tratta di esseri ![]() ![]() | |
C.- Con tempestivo ricorso per cassazione, il Ministero pubblico del Cantone Ticino (in seguito: Ministero pubblico) è insorto dinanzi il Tribunale federale contro la decisione della CCRP chiedendone l'annullamento.
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D.- Il Tribunale federale ha accolto, parzialmente e nella misura della sua ammissibilità, il ricorso per cassazione.
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b) Il Ministero pubblico sostiene che l'art. 196 CP deve essere interpretato alla luce dell'art. 1 cpv. 1 della Convenzione dell'11 ottobre 1933 concernente la repressione della tratta delle donne maggiorenni (RS 0.311.34; in seguito: "Convenzione dell'11 ottobre 1933") che postula espressamente la punibilità del reato di tratta di esseri umani anche nell'ipotesi in cui le giovani donne abbiano acconsentito liberamente di prostituirsi. La DTF 126 IV 225 concerneva un caso interno, ossia il trasferimento di prostitute ungare da uno stabilimento svizzero all'altro. La fattispecie in esame si estende al di là del territorio nazionale; pertanto, in applicazione della Convenzione ![]() ![]() | |
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4. a) Conformemente ai suoi obblighi internazionali, il legislatore svizzero ha adottato, ultimo in data, l'art. 196 CP che prevede la condanna alla reclusione o alla detenzione non inferiore a 6 mesi di chi, per favorire l'altrui libidine, esercita la tratta di esseri umani. Tale disposizione concretizza i dettami contenuti in particolare nella Convenzione dell'11 ottobre 1933; conferisce, tra l'altro, al principio della punibilità della tratta una portata più vasta di quella ![]() ![]() | |
b) L'art. 196 CP deve essere interpretato tenendo conto delle circostanze attuali (DTF 105 Ib 49 consid. 5a), avendo tuttavia come sfondo l'armonizzazione tra diritto interno e internazionale.
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Ancor oggi e conformemente alla giurisprudenza pubblicata in DTF 126 IV 225, i presupposti del reato di tratta di esseri umani possono essere adempiuti in presenza di giovani donne consenzienti, se il loro consenso è viziato. Per potere escludere con la massima certezza una qualsiasi relazione di dipendenza che intaccherebbe il libero consenso, le autorità devono prestare un'attenzione accresciuta alle condizioni, in particolare sociali ed economiche, in cui le donne accettano di essere arruolate per prostituirsi (DTF 126 IV 225 consid. 1d). La tratta di esseri umani impone che le eventuali vittime siano messe sul mercato e sfruttate come vera e propria mercanzia (FF 1924 III 1068). Tale non può manifestamente essere il caso se esse sono consapevoli e consenzienti e, pertanto, libere nell'esercizio del loro diritto all'autodeterminazione sessuale. L'art. 196 CP interpretato alla luce della nozione di consenso effettivo rispetta gli obblighi internazionali assunti dalla Svizzera e, come si vedrà qui di seguito, s'inserisce perfettamente nell'evoluzione normativa attuale.
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aa) Il Codice penale tedesco esige che venga esercitata un'influenza sulla capacità di determinarsi della vittima (v. art. 180b e 181); il solo fatto di arruolare senza esercitare pressioni di alcun genere non è sufficiente. Non vi è tratta di esseri umani, poiché non esiste bene giuridico degno di protezione, quando la giovane donna, senza essere motivata da uno stato di bisogno o di vulnerabilità, acconsente pienamente a prostituirsi all'estero per migliorare la ![]() ![]() | |
bb) In seno alle istanze europee e internazionali si profila una nozione di tratta di esseri umani che esclude la punibilità se il consenso è effettivo. La Risoluzione del Parlamento europeo del 18 gennaio 1996 sulla tratta di esseri umani (Gazzetta ufficiale, n. C 032 del 5 febbraio 1996, pag. 88; in seguito: "Risoluzione del Parlamento europeo del 18 gennaio 1996") la definisce come "l'atto illegale di chi, direttamente o indirettamente, favorisce l'entrata o il soggiorno di un cittadino proveniente da un paese terzo ai fini del suo sfruttamento utilizzando l'inganno o qualunque altra forma di costrizione o abusando di una situazione di vulnerabilità o incertezza amministrativa". Il 22 gennaio 2001 la Commissione ha proposto al Consiglio e al Parlamento dell'Unione europea una decisione quadro sulla lotta alla tratta degli esseri umani (in seguito: "Decisione quadro") la quale prevede all'art. 2, intitolato "Reati relativi alla tratta degli esseri umani a fini di sfruttamento sessuale", l'obbligo per ciascun Stato membro di adottare le misure necessarie affinché il reclutamento, il trasporto o il trasferimento di una persona siano puniti come reato qualora sia fatto uso di coercizione, violenza o minacce, d'inganno o frode, oppure di pressioni o influenze abusive qualunque sia la loro forma. La Raccomandazione del 19 maggio 2000 n. R (2000) 11 del Comitato dei Ministri del Consiglio dell'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani ai fini di ![]() ![]() | |
cc) Risulta dalla panoramica di diritto comparato e internazionale che di regola i presupposti della tratta di esseri umani sono adempiuti nonostante l'accordo dell'interessata se viene sfruttata una "situazione di vulnerabilità". Quest'ultima può derivare da condizioni economiche o sociali difficili o da rapporti di dipendenza personale e/o finanziari costrittivi. In assenza di una qualsiasi vulnerabilità, non sussiste reato poiché, dato l'incontestato diritto all'autodeterminazione nel campo sessuale, non sussiste bene giuridico da proteggere.
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c) La portata dell'art. 196 CP sviluppata nella DTF 126 IV 225 rispecchia perfettamente questa evoluzione: non vi è tratta di esseri umani solo se non viene pregiudicato il diritto all'autodeterminazione sessuale della persona interessata, ossia in assenza di una qualsiasi forma di abuso, minaccia o sfruttamento di una situazione di vulnerabilità. Il consenso deve corrispondere effettivamente alla volontà delle prostitute, le quali devono essere adeguatamente informate sul loro destino e coscienti di quello che le aspetta senza essere influenzate da condizioni di debolezza o d'incertezza. La nozione di consenso deve essere interpretata in modo restrittivo tenendo conto dei molteplici rapporti di dipendenza in cui esse possono trovarsi, soprattutto se straniere (DTF 126 IV 225 consid. 1c in fine). Nel caso di persone che si recano all'estero per prostituirsi, il consenso effettivo deve essere ammesso con estrema prudenza poiché il rischio ![]() ![]() | |
b) È d'uopo premettere che in materia di tratta di esseri umani, un'attenzione particolare è necessaria quando il suo oggetto sono le donne e i bambini provenienti dai paesi in via di sviluppo e dai paesi dell'Europa centrale e orientale (v. anche consid. 9 della Risoluzione del Parlamento europeo del 18 gennaio 1996).
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c) È accertato in modo insindacabile (art. 273 cpv. 1 lett. b e 277bis cpv. 1 della legge federale del 15 giugno 1934 sulla procedura penale [PP; RS 312.0]) che le ragazze si prostituivano per povertà. È altresì accertato che nel periodo tra novembre 1998 e maggio 2000 i resistenti hanno provocato ed organizzato la venuta in Svizzera di ![]() ![]() | |
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c) Fino ad oggi non si era presentata l'occasione per riesaminare tale giurisprudenza nell'ambito del nuovo art. 196 CP, il quale ha comunque essenzialmente ripreso i presupposti dell'art. 202 vCP (FF 1985 II 976 nonché JENNY, op. cit., ad art. 196 CP, n. 5 e rinvii).
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d) Le disposizioni in materia di repressione della tratta di esseri umani sono state concepite per armonizzare la legislazione svizzera alle regole internazionali vigenti in tale ambito (FF 1924 III 1078e FF 1934 I 877). Lo scopo era, ed è ancor oggi, di perseguire la tratta di esseri umani con la medesima efficienza, che essa si svolga all'interno del confine svizzero o si estenda al di là del territorio nazionale (FF 1924 II 1067). Furono così adottate dapprima la Legge federale del 30 settembre 1925 (FF 1934 II 878) in seguito l'art. 202 vCP (DTF 96 IV 118 consid. 2a) e, infine, l'art. 196 CP attualmente in vigore. L'imperativo per il legislatore svizzero di tenere conto delle convenzioni internazionali in questo settore è stato altresì ribadito al momento dell'adozione di quest'ultima disposizione (FF 1985 II 978). La nozione di tratta di esseri umani deve essere quindi interpretata avendo come sfondo l'essenziale armonizzazione tra diritto interno e internazionale; questo aspetto è stato in parte trascurato a torto nella DTF 96 IV 118.
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aa) Esiste oramai una nozione internazionale di tratta di esseri umani. Già la Convenzione del 4 maggio 1910 definiva tale attività come l'atto di colui che, allo scopo di favorire l'altrui libidine, arruola, sottrae o rapisce una donna (art. 1). La Convenzione ![]() ![]() | |
bb) La nozione di tratta di esseri umani dell'art. 196 CP deve essere interpretata alla luce di quanto precede. Siffatta interpretazione s'impone anche tenuto conto delle circostanze economiche e sociali attuali (DTF 105 Ib 49 consid. 5a). La tratta di esseri umani è divenuta per un numero sempre maggiore di persone una fonte di lucro di forte attrattiva. Il fenomeno è favorito altresì dalla globalizzazione e dalle tecnologie moderne. Il commercio di donne provenienti da paesi lontani, quand'anche apparentemente consenzienti, per dedicarsi alla prostituzione assume sfaccettature sempre più complesse e raffinate. In particolare, proliferano organizzazioni specializzate che si occupano delle varie fasi indispensabili all'arruolamento e al piazzamento di prostitute in vari locali, di regola di loro proprietà. Ostacolare, perseguendo penalmente i responsabili, la proliferazione di un simile traffico, quand'anche con modalità diverse, era già la preoccupazione essenziale del legislatore all'inizio del XX secolo (DTF 96 IV 118 consid. 2a). In virtù dell'interpretazione sviluppata nella DTF 96 IV 118, i responsabili di queste organizzazioni ben strutturate e capaci di portare a buon fine l'intero ![]() ![]() | |
cc) Discende da quanto precede che la nozione di tratta di esseri umani di cui all'art. 196 CP deve essere estesa anche al caso di chi, come nella fattispecie, arruola all'estero giovani donne in situazione di vulnerabilità, organizza la loro venuta in Svizzera e le ingaggia, affinché si prostituiscano, nel proprio postribolo, indifferentemente che egli agisca con l'aiuto di un intermediario prezzolato o direttamente. Di primo acchito, l'attività dei resistenti adempie indistintamente tali presupposti e come tale deve essere perseguita. Incomberà all'autorità cantonale di esaminare la questione tenendo conto delle considerazioni che precedono.
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7. a) Per quanto concerne la pretesa violazione dell'art. 305bis CP, è d'uopo ribadire che il reato di riciclaggio di denaro ha per fine la sottrazione all'autorità penale del provento di un crimine. Qualsiasi atto suscettibile di vanificare l'accertamento dell'origine, il ritrovamento o la confisca di valori patrimoniali costituisce oggettivamente un atto di riciclaggio (DTF 119 IV 59 consid. 2, 242 consid. 1e). Ciò non necessita di operazioni finanziarie complicate: anche gli atti più semplici, come l'occultazione del bottino, possono essere adeguati (DTF 122 IV 211 consid. 3b/aa). Tutti i valori patrimoniali provenienti da un crimine possono costituire oggetto di riciclaggio (DTF 119 IV 242 consid. 1b). Il reato di riciclaggio è un reato di esposizione a pericolo astratto; il comportamento è punibile a questo titolo anche se l'atto vanificatorio non ha raggiunto il suo scopo (DTF 127 IV 20 consid. 3; DTF 119 IV 59 consid. 2e). È compito della giurisprudenza di sviluppare una casistica di atti vanificatori tipici (FF 1989 II 859). Fino ad oggi l'atto di riciclaggio è stato riconosciuto nei casi in cui i valori patrimoniali sono stati occultati (DTF 127 IV 20 consid. 3; DTF 122 IV 211 consid. 2b; DTF 119 IV 59 consid. 2e), investiti (DTF 119 IV 242 consid. 1d) e cambiati con banconote di taglio differente (DTF 122 IV 211 consid. 2c). Al contrario, non è un atto di riciclaggio il semplice versamento su un conto bancario personale (DTF 124 IV 274 consid. 4) o il solo possesso, rispettivamente la custodia, di valori (sentenza del Tribunale federale ![]() ![]() | |
b) Il giudice di merito ha qualificato di atto di riciclaggio il denaro inviato all'estero ai famigliari della resistente. Tale comportamento di per se è oggettivamente suscettibile di sottrarre il provento della tratta di esseri umani all'amministrazione della giustizia, ossia d'impedire di scoprire il legame esistente tra il crimine e i valori patrimoniali che ne sono il prodotto (DTF 124 IV 274 consid. 2; DTF 127 IV 20 consid. 3a; BERNARD CORBOZ, Les principales infractions, vol. II, Berna 1999, ad art. 305bis CP, n. 25; JÜRG-BEAT ACKERMANN, Geldwäscherei [StGB Art. 305bis], in Niklaus Schmid, Kommentar Einziehung, organisiertes Verbrechen, Geldwäscherei, vol. 1, Zurigo 1998, n. 315 segg.).
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c) Il Ministero pubblico insorge contro l'ammontare stabilito "prudenzialmente" a fr. 10'000.-. La CCRP, avendo prosciolto dei resistenti del reato che presuppone il riciclaggio ossia quello previsto all'art. 196 CP, non ha esaminato la questione.
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d) Tenuto conto dell'esito della presente causa e del conseguente rinvio per quanto concerne l'applicazione dell'art. 196 CP, la CCRP dovrà confrontarsi ex novo con l'imputazione di riciclaggio di denaro. Non è quindi possibile trattare il gravame del Ministero pubblico su questo punto. Conviene comunque già fin d'ora ribadire alcuni elementi essenziali di cui l'autorità cantonale dovrà tenere conto.
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e) Riferendosi alla giurisprudenza pubblicata in DTF 122 IV 211, il giudice di merito ha ritenuto che i trasferimenti all'estero del denaro guadagnato con la tratta di esseri umani destinati a compensare gli intermediari nonché gli invii degli anticipi per le spese di viaggio e l'evidenza dei fondi alle prostitute erano indispensabili per compiere o concludere la tratta e, pertanto, non costitutivi di riciclaggio.
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f) Tale conclusione, sostanzialmente criticata dal Ministero pubblico, non è conforme al diritto federale. Essa travisa in particolare la giurisprudenza pubblicata nella DTF 122 IV 211 relativa al traffico di stupefacenti e al suo finanziamento con denaro riciclato, ove ![]() ![]() ![]() ![]() | |
b) La questione litigiosa è circoscritta alle prostitute regolarmente annunciate alle autorità e rimaste in Svizzera per una durata non superiore a 3 mesi. È accertato che il loro soggiorno veniva regolarmente notificato, conformemente all'art. 2 cpv. 2 LDDS, ma si trattava di semplici notifiche di soggiorni turistici non comprensive dell'annuncio di un'attività lucrativa. È inoltre accertato che esse possedevano un visto da turista valido per entrare in Svizzera. Dati questi elementi, la CCRP ha ritenuto che le giovani donne si trovavano legalmente sul suolo elvetico per cui i resistenti erano punibili esclusivamente giusta l'art. 23 n. 4 LDDS per avere ingaggiato stranieri non autorizzati a lavorare.
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c) In materia di sanzioni penali, l'art. 23 LDDS distingue tra i reati citati ai n. 1 e 2 e le contravvenzioni perseguite in virtù dei n. 4 e 6. Giusta l'art. 23 n. 1 cpv. 5 LDDS è punito con la detenzione fino a 6 mesi, a cui può aggiungersi una multa fino a fr. 10'000.-, e con la sola multa nei casi poco gravi, chiunque faciliti o aiuti l'entrata o l'uscita illegale o un soggiorno illegale di uno straniero in Svizzera. Secondo l'art. 23 n. 2 LDDS chi agisce a scopo d'indebito arricchimento è punito con la detenzione e con la multa fino a fr. 10'000.-. Conformemente all'art. 23 n. 4 LDDS, salvo nei casi di poca gravità, chi intenzionalmente impiega stranieri non autorizzati a lavorare in Svizzera, è punito per ogni straniero impiegato illegalmente con la multa fino a fr. 5'000.- se ha agito intenzionalmente, o fino a fr. 3'000.- se ha agito con negligenza; se l'agente ha agito a scopo di lucro, il giudice non è vincolato da questi ![]() ![]() | |
d) Secondo giurisprudenza costante, la semplice attività consistente nell'assunzione di uno straniero, che soggiorna legalmente in Svizzera, senza permesso è una contravvenzione (DTF 118 IV 262 consid. 1-4 e rinvii; v. anche VALENTIN ROSCHACHER, Die Strafbestimmung des Bundesgesetzes über Aufenthalt und Niederlassung der Ausländer vom 26 März 1931 (ANAG), Zurigo 1991, pagg. 113-114, nonché HEINZ HELLER, Schwarzarbeit: Das Recht der Illegalen, unter besonderer Berücksichtigung der Prostitution, Tesi Zurigo 1999, pagg. 25-26).
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e) L'entrata o il soggiorno in Svizzera sono illegali ai sensi dell'art. 23 n. 1 LDDS in particolare se lo straniero oltrepassa il confine senza validi documenti di legittimazione e/o risiede sul suolo elvetico senza i necessari permessi. Secondo l'art. 1 cpv. 2 dell'ordinanza di esecuzione del 1o marzo 1949 della legge federale concernente la dimora e il domicilio degli stranieri (ODDS; RS 142.201), uno straniero è entrato legalmente in Svizzera, se ha osservato le prescrizioni sul possesso di documenti di legittimazione, sul visto, sul controllo di confine, ecc. e non ha contravvenuto a un divieto personale come un'espulsione, un divieto e una restrizione di entrata (v. anche art. 1 e 2 dell'ordinanza del 14 gennaio 1998 concernente l'entrata e la notificazione degli stranieri [OEnS; RS 142.211] nonché ROSCHACHER, op. cit., pagg. 27-37).
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f) Esercitare una professione senza la necessaria autorizzazione non basta di per sé per rendere illegale o abusivo il soggiorno (ROSCHACHER, op. cit., pagg. 56-57 e 114-115). Scopo originario della LDDS non è la protezione del mercato contro il lavoro clandestino, bensì impedire l'entrata e il soggiorno di persone indesiderabili nonché un'eccessiva penetrazione di stranieri, lottando contro il loro soggiorno illegale ed evitando che, sprovvisti di permesso, si sottraggano al controllo delle autorità (v. anche FF 1986 III 219; ROSCHACHER, op. cit., pag. 114; HEINZ HELLER, op. cit., pag. 9). Solo in seguito al proliferare del lavoro clandestino, le disposizioni penali della LDDS sono state completate con l'inserimento dell'art. 23 n. 4 e 5 LDDS per tentare di dissuadere l'impiego di stranieri sprovvisti di permesso (FF 1986 II 219-220 e 225-226).
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g) Nella fattispecie, è accertato in modo insindacabile (art. 273 cpv. 1 lett. b e 277bis cpv. 1 PP) che le giovani donne erano giunte in Svizzera in possesso di un visto per turisti e che ripartivano una ![]() ![]() | |
h) Al momento di oltrepassare il confine svizzero e durante il loro soggiorno, le giovani donne erano in possesso di un visto per turisti valido (v. art. 11 cpv. 1 lett. a OEnS). Pertanto, hanno oltrepassato il confine e soggiornato legalmente in Svizzera. Poco importa se, eventualmente consigliate e aiutate dai resistenti, esse abbiano ottenuto in modo fraudolento tale autorizzazione, lo scopo del loro soggiorno non essendo quello dichiarato. In simili casi, è prevista unicamente la revoca senza formalità del visto prima dello scadere del termine previsto (art. 15 cpv. 2 lett. b OEnS). Tale revoca - che non risulta essere avvenuta per nessuna delle giovani donne -, è una facoltà, non un obbligo (DTF 125 IV 148 consid. 2b in fine). Pertanto il visto, quand'anche ottenuto con l'inganno, non è nullo ab ovo; la sua validità e, quindi, la legalità dell'entrata e del soggiorno perdurano fino al momento della revoca (v. anche ROSCHACHER, op. cit., pag. 117 sulla revoca del permesso di dimora previsto all'art. 9 cpv. 2 LDDS). La pratica litigiosa era indubbiamente volta a indurre in errore l'amministrazione affinché le giovani donne potessero penetrare in Svizzera ed esercitare indisturbate il mestiere di prostitute per 3 mesi. Tale comportamento è chiaramente riprovevole ma in assenza di una disposizione specifica (v. anche DTF 125 IV 148 consid. 2c e ROSCHACHER, op. cit., pag. 57), non può essere eretto come reato ai sensi dell'art. 23 n. 1 cpv. 5 LDDS.
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