28. Estratto della sentenza 23 dicembre 1999 della II Corte civile nella causa A. contro B. (ricorso per riforma) | |
Regeste | |
Art. 28 ff. ZGB, 49 und 60 OR; Verantwortlichkeit einer Druckerei für Persönlichkeitsverletzung in einer von ihr gedruckten Zeitung.
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Bei einer Pressekampagne beginnt die einjährige Verjährungsfrist gemäss Art. 60 Abs. 1 OR solange nicht zu laufen, bis das Ende der persönlichkeitsverletzenden Publikationen erkennbar ist (E. 3).
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Die Klagen zum Schutz auf Persönlichkeit gemäss Art. 28a Abs. 1 und 2 ZGB können gegen Personen erhoben werden, die an der Persönlichkeitsverletzung mitgewirkt haben, ohne dass ein Verschulden vorausgesetzt wäre (E. 5a). Allerdings ist das Vorliegen eines Verschuldens für die Zusprechung von Genugtuung in den Fällen erforderlich, in denen ein Verschulden für die Zusprechung von Schadenersatz verlangt wird (E. 5b/aa; Präzisierung der Rechtsprechung). Konkretisierung der Sorgfalt, die von einer Druckerei zu verlangen ist (E. 5b/bb und cc).
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b) Giusta l'art. 28b CC le azioni di protezione della personalità sono proposte al giudice del domicilio dell'attore o del convenuto (cpv. 1); se l'attore pretende simultaneamente, a causa della lesione subita, una riparazione morale, egli può proporre questa azione al suo domicilio (cpv. 2).
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In concreto l'attore ha proposto sia un'azione di protezione della personalità, e cioè ha chiesto al giudice di proibire una lesione imminente (art. 28a cpv. 1 n. 1 CC), sia un'azione di riparazione del torto morale (art. 49 CO). Nella fattispecie è stata prima chiesta la riparazione del torto morale e poi, con la replica, la domanda è stata estesa alla protezione della personalità. Tuttavia tale circostanza non ![]() ![]() | |
b) La Corte cantonale ha accertato che dal 16 settembre 1990 al 27 maggio 1993 sono stati pubblicati 35 articoli concernenti l'attore. I giudici cantonali hanno poi reputato che, anche qualora si volesse accogliere l'eccezione dell'intervenuta prescrizione per gli articoli diffusi prima del 18 marzo 1991, nulla cambierebbe per quanto concerne la responsabilità della convenuta, considerato il contenuto lesivo degli scritti apparsi dopo tale data.
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c) Giusta l'art. 60 cpv. 1 CO l'azione di riparazione si prescrive in un anno decorribile dal giorno in cui il danneggiato conobbe il danno e la persona responsabile, e in ogni caso nel termine di 10 anni dall'atto che ha causato il danno. La conoscenza del danno include pure la cognizione della sua estensione. Il danneggiato dev'essere in grado di valutare, almeno a grandi linee, il danno complessivo: il processo che lo provoca dev'essere concluso (DTF 112 II 118 consid. 4). Finché l'evento dannoso perdura non può sussistere una conoscenza dell'intero danno e il termine di prescrizione non comincia a decorrere (DTF 109 II 418 consid. 3 con rinvii). Questi principi generali sono pure applicabili nell'ambito di danni causati da ![]() ![]() | |
In concreto, secondo gli accertamenti contenuti nella sentenza impugnata - vincolanti per il Tribunale federale (art. 63 cpv. 2 OG) - la serie di articoli riguardanti l'attore è continuata fino alla fine di maggio 1993. Così stando le cose, il 18 marzo 1992 l'attore non poteva ancora prevedere la conclusione dell'evento lesivo, che ormai perdurava da diverso tempo. Ne segue che il 18 marzo 1992, data d'inoltro della petizione, l'attore non aveva conoscenza del danno complessivo, motivo per cui l'azione di riparazione non poteva risultare prescritta per gli articoli apparsi prima del 18 marzo 1991. Del resto, la stessa convenuta riconosce che la lesione causata da una campagna di stampa è più intensa di quella cagionata da un solo articolo.
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5. La convenuta ritiene che il principio di una responsabilità a cascata, come quella prevista dal codice penale per la punibilità dei mass media, è pure applicabile nell'ambito della protezione della personalità. Inoltre la severità della giurisprudenza (DTF 64 II 18, in cui viene riconosciuta una responsabilità del tipografo) citata dalla Corte cantonale per statuire sulla pretesa per torto morale è unicamente ![]() ![]() | |
a) Alla convenuta è stato ordinato, sulla base dell'art. 28a cpv. 1 n. 1 CC, di cessare ogni pubblicazione di fatti non veri riguardanti la persona dell'attore e la sua attività professionale.
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aa) Chi è illecitamente leso nella sua personalità, può a sua tutela, chiedere l'intervento del giudice contro chiunque partecipi all'offesa (art. 28 cpv. 1 CC). A tal fine, il leso dispone delle azioni previste nell'art. 28a cpv. 1 e 2 CC; sono fatte salve le azioni di responsabilità con cui viene chiesto il risarcimento del danno e la riparazione morale (art. 28a cpv. 3 CC). Ne segue che con le azioni di protezione della personalità possono essere convenute in giudizio le persone che partecipano all'offesa. In particolare non è necessario il sussistere di una colpa, potendo la sola partecipazione condurre a una lesione della personalità e ciò anche qualora le persone coinvolte non ne siano - o non ne possano essere - a conoscenza. L'art. 28 cpv. 1 CC offre pertanto la possibilità, con un cumulo di azioni, di procedere nei confronti dell'autore, del redattore responsabile, dell'editore e eventualmente di qualcun altro che ha partecipato alla diffusione del giornale (DTF 113 II 213 consid. 2b pag. 216).
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bb) In concreto è priva di pertinenza l'argomentazione con cui la convenuta sostiene che la (severa)DTF 64 II 14 è stata emanata prima dell'entrata in vigore del Codice penale e quindi dell'art. 27 CP, che prevede in primo luogo la punibilità dell'autore dell'opera e che permette di punire il tipografo unicamente se né l'autore né il redattore responsabile possono essere individuati. Innanzi tutto con la menzionata sentenza, il Tribunale federale si era pronunciato sulla responsabilità, secondo il diritto civile, per una lesione della personalità. Inoltre, nell' ambito della novella del 1983 concernente la protezione della personalità, il legislatore ha rinunciato esplicitamente a introdurre una speciale disciplina per i mezzi di comunicazione di massa, quale quella prevista nell'ambito penale dall'art. 27 CP (Messaggio concernente la revisione del Codice civile svizzero, protezione della personalità, art. 28 CC e 49 CO, FF 1982 II 648). Tale dichiarata volontà di permettere al leso di procedere contro ogni partecipante all'offesa, impedisce di primo acchito un'interpretazione degli art. 28 segg. CC nel senso suggerito dalla convenuta. ![]() | |
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La convenuta non contesta (a giusta ragione) di aver partecipato all'illecita lesione della personalità dell'attore. Nella misura in cui afferma di non aver avuto la possibilità di controllare il contenuto di quanto stampava, essa accenna una questione concernente la colpa, che, nell'-ambito della regolamentazione della protezione della personalità prevista dal CC, è irrilevante. Riconoscendo la legittimazione passiva della convenuta, la Corte cantonale non ha violato il diritto federale.
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b) In applicazione degli art. 49 e 50 CO, la ricorrente è inoltre stata condannata in solido con gli altri convenuti a versare all'attore fr. 15'000.- di indennità per torto morale.
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aa) Chiunque è tenuto a riparare il danno illecitamente cagionato ad altri sia con intenzione, sia per negligenza od imprudenza (art. 41 cpv. 1 CO). Chi è illecitamente leso nella sua personalità può chiedere, quando la gravità dell'offesa lo giustifichi e questa non sia stata riparata in altro modo, il pagamento di una somma a titolo di riparazione morale (art 49 cpv. 1 CO). Se il danno è stato cagionato da più persone insieme, tutte sono responsabili in solido verso il danneggiato (art. 50 cpv. 1 CO). La responsabilità secondo gli art. 41 risp. 49 CO, presuppone in linea di principio l'esistenza di una colpa delle persone convenute in giudizio; la sola partecipazione (oggettiva) all'offesa non è sufficiente.
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È vero che nella DTF 120 II 97 consid. 2c il Tribunale federale ha affermato che la colpa non è una condizione per accordare un'indennità per torto morale. Tale obiter dictum non può tuttavia, nella ![]() ![]() | |
bb) Nella misura in cui la convenuta ritiene in questo ambito la DTF 64 II 14 particolarmente severa e unicamente comprensibile se collocata nel contesto storico in cui è stata pronunciata, essa ne misconosce il significato. Fino ad allora la giurisprudenza era fluttuante e la colpa del tipografo era occasionalmente supposta, non appena era accertato che egli non aveva rifiutato di stampare un articolo ![]() ![]() | |
La summenzionata giurisprudenza merita conferma. Ciò significa innanzi tutto che la diligenza esatta dal tipografo non è la medesima di quella domandata all'autore o al redattore responsabile di una pubblicazione. Se trattasi di un giornale serio, non può essere preteso che egli sottoponga a un controllo preventivo tutti gli articoli che stampa. Unicamente qualora sussistano circostanze particolari che devono destare la sua attenzione, lo stampatore deve procedere a un controllo accurato. Se per contro si tratta di periodici sensazionalistici o di tendenza o ancora se l'incriminata affermazione non costituisce una rara eccezione, ma i redattori del periodico hanno ripetutamente violato le relative norme legali, il tipografo non può semplicemente ignorare tali fatti. In siffatte circostanze può da lui essere esatta una particolare vigilanza. In presenza di una serie di articoli problematici può essere richiesta una diligenza ancora maggiore; è segnatamente pensabile che già il titolo di un articolo debba attirare l'attenzione del tipografo (vedi la compilazione della giurisprudenza di RAINER SCHUMACHER, Die Presseäusserungen als ![]() ![]() | |
cc) Il Tribunale di appello ha rigettato le obiezioni sollevate in questo contesto (e in parte riproposte nella sede federale), secondo cui nel 1990/91 il settimanale era nuovo, i giornalisti e gli editori non si erano fino ad allora resi colpevoli di ingiurie o diffamazioni e le moderne tecnologie impediscono qualsiasi controllo da parte della tipografia. I giudici cantonali hanno rilevato che il periodico ha adottato fin dai suoi esordi una linea editoriale aggressiva, se non scandalistica. Già nel novembre 1990 aveva pubblicato una vignetta satirica in cui l'attore era raffigurato da bugiardo con un lungo naso da Pinocchio. In seguito il tono degli articoli si è fatto via via più corrosivo, cosicché al più tardi nel dicembre 1990 i responsabili della tipografia avrebbero dovuto rendersi conto che, perlomeno leggendo il settimanale il giorno dopo la sua pubblicazione, la serie di articoli aveva finito per assumere un carattere diffamatorio o addirittura ingiurioso. La sentenza impugnata rinvia a questo proposito, fra l'altro, alle accuse di reati e di comportamenti scorretti dell'attore risp. delle casse malati negli articoli recanti titoli quali "Una ruberia in grande stile" (edizione del 2 dicembre 1990), "Stop ai furti delle CM" (edizione 9 dicembre 1990), "Casse malati incompetenti e forse ladre" (edizione del 16 dicembre 1990) e "Casse malati: qualcuno ha rubato" (edizione del 23 dicembre 1990). Inoltre, secondo gli accertamenti contenuti nella sentenza impugnata, i responsabili della tipografia erano a conoscenza dei diritti di risposta pubblicati il 30 settembre e il 7 ottobre 1990 su richiesta dell'attore e delle querele penali ampiamente menzionate nell'edizione del 3 febbraio 1991.
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Nella misura in cui la convenuta afferma di non essere stata a conoscenza delle querele penali, essa critica inammissibilmente un accertamento di fatto vincolante per il Tribunale federale nella giurisdizione per riforma (art. 55 cpv. 1 lett. c e 63 cpv. 2 OG). Irrilevante è pure l'argomentazione ricorsuale secondo cui la maggior parte degli articoli non è stata oggetto di un procedimento penale; decisiva è piuttosto la circostanza che la convenuta ha avuto conoscenza delle querele penali al più tardi all'inizio del mese di febbraio 1991, motivo per cui avrebbe dovuto aumentare la propria vigilanza.
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In concreto, in virtù dei vincolanti accertamenti di fatto della sentenza impugnata, sono dati i presupposti stabiliti dalla giurisprudenza per esigere dal tipografo un dovere di diligenza accresciuto. ![]() | |
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